Perché dovresti usare la tecnica Show, don’t tell

«Non dirmi che la luna splende; mostrami il riflesso sul vetro infranto». Anton Čechov

Facciamo una premessa sulla narrazione.

La narrazione di un romanzo o di un racconto può avvenire sostanzialmente attraverso:

  • Il sommario
  • La scena

Nel sommario il narratore riporta i fatti principali, senza scendere nel dettaglio.

Nella scena il narratore ci mostra i personaggi in azione, drammatizzandoli, mostrando azioni e dialoghi.

Se vuoi approndire l’argomento leggi il mio articolo: come scrivere una scena

La tecnica di scrittura “Show, don’t tell

La tecnica definita “Show, don’t tell”, ovvero, mostra, non raccontare, è un procedimento che si adotta in narrativa nella scrittura di un libro (un romanzo, un racconto, una novella), per cui lo scrittore mostra il personaggio in azione, anziché descriverlo.

Facciamo subito un esempio.

Se io scrivo:

Enzo era arrogante

Sto descrivendo un tratto della sua personalità.

Se invece scrivo:
Quando la cameriera arrivò con il vassoio, Enzo non alzò lo sguardo dal portatile; con la mano indicò alla cameriera di lasciarlo sul tavolo.
«Posso fare altro per lei?» disse la giovane donna.

«Cosa mai potrebbe fare per me una cameriera, mentre sto preparando il discorso per il presidente?»

In questo modo sto svelando il personaggio attraverso ciò che dice e come si comporta.

Mostrare drammatizza una scena, facilitando nel lettore la sospensione dell’incredulità. In questo modo possiamo evitare i cliché ed essere specifici, proprio come fa Melba Escobar in “La casa della bellezza”, la quale, anziché descrivere la sofferenza di Karen, ce la mostra:

A riguardo Kirk Polking dice:

“È come la differenza tra gli attori che recitano uno spettacolo e il solo drammaturgo, in piedi su un palco vuoto, mentre racconta dettagliatamente lo spettacolo al pubblico.”

In L’una di Ferragosto invece di raccontare che Patrik stava soffrendo per la dipartita di Heidi, scrivo:

Patrik […]  appiccica la fronte alla ragnatela di ghiaccio sulla portafinestra. Potesse arpionare quella sfera bianca e gettarla nel mare, quella maledettissima luna che non lo fa dormire. Il sapore della vodka ha un che di rivalsa sul mondo. Non ha nulla da fare, nulla da perdere, nulla da guadagnare. Si attacca alla bottiglia: Heidi vestita o nuda davanti allo specchio, mentre fa l’amore o ride o piange, sono un carosello di fantasmi che vorticano davanti ai suoi occhi; beve barcolla parla ad alta voce, grida. La vorrebbe. Nonostante tutto il carico di male che gli ha rovesciato addosso, la cattiveria, la fila di uomini che si è portata a letto, la vorrebbe indietro come merce difettosa; il vuoto che ha lasciato ora è la cosa peggiore di tutti, un male insostenibile, è come morire e sentire ancora la sofferenza, un ergastolo, un’operazione a cuore aperto; beve e non c’è consolazione, solo una piccola anestesia per un dolore senza fine, beve e svuota tutta la bottiglia, la getta contro la parete di pietra del camino mandandola in frantumi, cade sul pavimento e si addormenta

Mostrare i personaggi in azione, senza intrusioni o commenti da parte dello scrittore, concorre a creare il cosiddetto realismo letterario e a far immergere il lettore nella vicenda. 

Mostrare, anziché raccontare, permette al lettore di calarsi nella storia, mettendolo di fronte ai fatti, senza interpretarli o commentarli come si farebbe in un pezzo di cronaca o saggio. Condividi il Tweet

«Se me lo racconti è un saggio. Se me lo mostri è una storia».

Barbara Green.

Ricorda, quando mostri una scena, di usare tutti e cinque i sensi.

sensi

Come tutte le tecniche, le categorizzazioni, le nomenclature, anche questa riduzione a schema si fa per semplicità. Ma non dovresti adottare la tecnica “Show, don’t tell in modo meccanico, soltanto perché lo hai appreso leggendo un manuale di scrittura creativa o hai seguito dei corsi di scrittura creativa. Dovresti capire che la tecnica nasconde qualcosa di più importante.

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Perché dovresti usare lo “Show, don’t tell“?

Se tu scrivi: “Enzo era arrogante” questa è una tua rielaborazione personale, dai al lettore la pappa già digerita e non gli  lasci la libertà e il gusto della sua reinterpretazione.
Quando il lettore legge un romanzo vuole, partendo dai dettagli che tu gli offri, usare la propria immaginazione per rielaborare mentalmente quanto succede. In altre parole, vuole sentirsi parte attiva nel processo della lettura.

Scrivere “Enzo era arrogante” è più facile, ma questa non è narrativa. Lo sforzo per trasformare questa affermazione, che suona quasi come un assioma, in un’immagine in cui mostri il come Enzo sia arrogante, quali parole ed espressioni usa, come si atteggia, come si comporta con i superiori e come con i subalterni, è impegnativo: è uno sforzo di immaginazione notevole, ma la magia della narrazione nasce proprio dall’intersezione tra la tua immaginazione e quella del lettore. Condividi il Tweet

Mostrare il personaggio in azione nel suo contesto, descrivendo come si comporta nel suo ambiente, coinvolge emotivamente il lettore, facendogli provare empatia verso i personaggi.

Show, don’t tell esempi:

“Seduto su un lato della strada c’era un vecchio con gli occhiali dalla montatura metallica e gli abiti molto impolverati. Sul fiume c’era un ponte di barche, e carretti, camion, uomini, donne e bambini l’attraversavano. I carri tirati dai muli stentavano a salire l’argine ripido del fiume, ed i soldati aiutavano spingendo i raggi delle ruote. I camion mordevano la strada allontanandosi veloci; i contadini marciavano faticosamente nella polvere, alta fino alle caviglie. Ma il vecchio se ne stava seduto senza muoversi. Era troppo stanco per andare avanti. Io avevo l’incarico di passare il ponte, perlustrare la zona retrostante ed accertare fino a che punto fosse venuto avanti il nemico. Lo feci, e tornai al ponte. C’erano ora meno carriaggi e poca gente a piedi; ma il vecchio era ancora là.”

Hemingway, I 49 racconti

Il dialogo è ovviamente un modo molto efficace per mostrare il personaggio in azione. Anziché raccontare che le due ragazze avevano stretta amicizia, immagino la seguente scena (estratto da un romanzo che sto scrivendo in qualità di ghost-writer.)

«Ciao, io mi chiamo Clarissa Giulia, posso presentarmi?» La ragazza stava ritta contro la brezza, il prendisole di cotone bianco sbatteva nell’aria come una bandiera, seguendo la stessa inclinazione dei suoi capelli. Anche lei era bianca, quasi trasparente, mi veniva da toccarle una mano per la paura che volasse via. Mi guardò come se mi conoscesse già. «Ciao, io sono Evita, piacere. Siediti qui accanto a me» la ragazza si sedette senza attendere la mia reazione. «Ti piace il tramonto?» aggiunse, fissando l’orizzonte. Mi accovacciai accanto a lei sullo scoglio, abbracciando le ginocchia e immaginando il contrasto che dovevamo provocare se qualcuno ci avesse visto. Io abbronzatissima, ricciuta, solida, il viso colorato dal leggero trucco. Lei diafana, i capelli che le scendevano lisci accanto al viso come alghe, magra come un fuscello. Mi piaceva sentire il vento frusciare tra i capelli, soffiarmi sul viso, sprimacciare i vestiti, attraversare le fronde degli arbusti, emettendo sibili e melodie.

A mio avviso, scrittori come Stephen King, o Elena Ferrante (insomma, tutti i casi in cui vedete fiumi di parole), hanno fatto della tecnica Show, don’t tell una loro peculiarità, adottandola come una scelta narrativa preponderante.

Avvertenze e eccezioni

Un consiglio a tutti gli scrittori emergenti

Lo scrittore può usare sì i sommari, in cui racconta fatti, avvenimenti e tratti dei personaggi come “scorciatoie” per arrivare a una scena più interessante. Ma se in un romanzo si mostrano sempre e costantemente tutte le scene, si rischia di appesantire la lettura, e non far emergere quelle che sono le parti più importanti del testo. Insomma, come in tutti i campi, l’equilibrio premia sempre. L’alternanza tra scene e sommari, a mio avviso, concorre a rendere un romanzo piacevole avvincente.

Un esempio pratico cinematografico tratto da “Stranger Things

Cosa ci comunica questa scena?

La scena si apre sul disegno di un bambino, che contrasta con le birre vuote, gli avanzi di cibo e il posacenere pieno sul tavolo. Il disegno è un primo planting sulla backstory del protagonista.

Situazione di disequilibrio: il protagonista dorme vestito sul divano, sul tavolinetto altre birre e un posacenere stracolmo. Il caos dell’ambiente ci fa comprendere che c’è un caos anche dentro di lui, per qualche ferita interiore che accende la nostra curiosità.

Il notiziario  parla di uno strano calo di corrente nella cittadina, planting per gli eventi strani che accadranno da quel giorno in poi.

Abitudini sbagliate: mentre si lava i denti fuma e beve un altro sorso di birra.

Problemi psicologici: prende delle pillole, probabilmente antidepressivi, visto come vive.

Carattere indipendente: guarda l’orologio, dalla sua espressione contrariata capiamo che è in ritardo. Ma questo non accelera le sue azioni. Con calma si fuma una sigaretta sul balcone e di fa una doccia.

Il suo lavoro: è lo sceriffo della cittadina, ruolo di responsabilità che contrasta con il suo modo di vivere e accende altra curiosità. Però indossa con attenzione la divisa, perfettamente pulita e stirata. Dimostra che ci tiene al suo lavoro e questo ci ispira fiducia che sia un buon sceriffo.

Solitudine: la televisione è sempre accesa, unica sua compagnia. La lascia accesa anche quando va via, come se lasciasse qualcuno a casa.

In questa scena abbiamo i tre plot principali:

1 L’obiettivo esterno: nella cittadina sta accadendo qualcosa.

2 L’arco di trasformazione del personaggio: lo sceriffo vive in un evidente disequilibrio.

3 I rapporti relazionali: vive in solitudine.

Esercizio:

Come esercizio di scrittura creativa, provate a scrivere in modo narrativo la suddetta scena

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