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Come scrivere un’autobiografia?
Se sei qui probabilmente è perché da lungo tempo hai in mente di mettere su carta una parte importante della tua vita e stai pensando di scrivere la tua autobiografia.
Se ancora non hai compiuto questa bellissima e appassionante missione, forse è perché hai dubbi e domande che ti ronzano in testa:
- il mio libro autobiografico interesserà a qualcuno?
- come si fa a scrivere di se stessi?
- cosa scrivere in un libro autobiografico?
- quali sono le sue caratteristiche?
- quanto deve essere lungo?
Se ti sei posto qualcuna di queste domande, prosegui nella lettura, sei nel posto giusto.
Corso: come scrivere un'autobiografia
Cos’è un testo autobiografico?
Partiamo dalla definizione di autobiografia.
Per autobiografia si intende il resoconto dettagliato, in ordine cronologico, della vita di un individuo, scritta o raccontata dallo stesso individuo. Assume interesse per un personaggio di rilievo (storico, letterario, scientifico, sportivo, ecc.). Rispetta eventi, ricostruisce fatti, esige un riscontro oggettivo. È narrata in prima o terza persona.
Rispetta il “patto autobiografico” (termine coniato da Philippe Lejeune,) che asserisce:
Il patto autobiografico è l’impegno che prende un autore di raccontare direttamente la propria vita (o una parte o un aspetto di essa) in uno spirito di verità.
So cosa stai pensando.
Quindi se io non sono la Regina Elisabetta II, Madre Teresa di Calcutta o Steve Jobs non posso scrivere un’autobiografia?
La risposta è sì e no.
Innanzitutto, devi porti una domanda fondamentale:
devo necessariamente scrivere un’autobiografia per raccontare la storia della mia vita?
Potresti scrivere un memoir (ovvero solo un “pezzo” di vita), oppure ancora un romanzo autobiografico, che ti dà più libertà di inventare.
Se vuoi parlare di un tema che ti sta a cuore, di un aspetto che ti ha fatto crescere, di un amore o di una tragedia, puoi farlo anche attraverso la fiction. E, nella fiction, esplorare tutta la narrativa di genere.
Devo sostituire i nomi? E se faccio del male a qualcuno?
Questa è un’altra tipica domanda che si pone chi voglia scrivere un libro autobiografico. Il punto non è sostituire o meno i nomi dei personaggi, il punto è che non basta sostituire i nomi dei personaggi e pubblicare sotto pseudonimo per trasformare fatti autobiografici in un romanzo. Anzi, molto spesso gli scrittori alle prime armi si nascondono dietro questo trucco.
Quello che intendo dire è che in un’autobiografia ci si aspetta che l’autore non faccia censure, soprattutto su sé stesso. Che ci metta la faccia. È troppo comodo nascondersi dietro a uno pseudonimo e cambiare nome a quelle che sono persone in carne e ossa trasportate sulla carta. In questo modo ti limiti a riportare i fatti, come se stessi facendo un reportage, un documentario o la cronaca della tua vita.
La cosa fondamentale è che, alla fine della scrittura di un capitolo, o di tutto il libro, tu abbia scoperto qualcosa sulla carta che prima ignoravi.
Perché voglio scrivere la mia autobiografia?
Un’altra domanda che dovresti porti è relativa ai motivi che ti spingono a scrivere la tua autobiografia. Qual è il pubblico di riferimento? Solo i miei familiari? O auspico a scrivere un libro per un pubblico più ampio?
Se hai deciso che la tua autobiografia non rimarrà un mero strumento terapeutico, allora devi tenere in considerazione proprio che esiste un lettore che vuole emozionarsi.
Scrivere, come qualsiasi altra arte, non è un fatto spontaneo. Non ci si può affidare solo all’ispirazione. Si comunica attraverso le tecniche narrative. Quando scriviamo narrativa parliamo di noi ma di aspetti rilevanti per il lettore. Partiamo dall’Io per arrivare al mondo. Solo così possiamo passare dal privato all’universale.
Come iniziare a raccontare la storia della propria vita?
Da dove partire a raccontare di se stessi? Il problema, a mio avviso, non è partire… quanto proseguire nella narrazione, capendo cosa dobbiamo includere nella storia e cosa tralasciare.
L’autobiografia è l’unico genere letterario in cui c’è una perfetta sovrapposizione tra: autore, narratore e protagonista.
Non una situazione facile da gestire.
Come si fa a scrivere di se stessi, quindi?
Prendendo la distanza dal soggetto narrato. Solo così potrai essere più oggettivo, e trovare una trama che rappresenti la tua vita.
Scrivere è terapeutico.
Quante volte lo abbiamo sentito. E quante volte abbiamo sentito il bisogno di mettere nero su bianco alcuni episodi (solitamente drammatici) della nostra vita.
Allora prendiamo un blocco o il portatile e cominciamo a dar forma ai demoni che ci rodono dentro.
Non solo. Vogliamo anche condividere il nostro dramma, la nostra esperienza con altri. Vogliamo scrivere e pubblicare il nostro libro.
Ma basta raccontare gli aneddoti della nostra vita, per scrivere un libro autobiografico?
Come fare affinché il lettore si appassioni alla mia storia?
Una volta intrapreso il percorso dell’autobiografia o del memoir, avrai il timore di poter annoiare l’ipotetico lettore.
Ecco alcune considerazioni e suggerimenti per rendere il libro più interessante, e approfondire quel processo catartico che ti ha fatto partire.
Il vero protagonista non sei tu
Ricorda che anche nel romanzo autobiografico il protagonista non sei tu, ma un personaggio letterario che ha le tue stesse caratteristiche. Non sei tu, ma la rappresentazione letteraria di te stesso. E allora avrà lo stesso colore dei tuoi occhi, lo stesso taglio di capelli, lo stesso carattere. Persino lo stesso nome. Ma non sei tu in carne e ossa! È il filtro con il quale vedi te stesso a rendere la cosa interessante (interessante per te e per il lettore).
Importantissimo è non dimenticare che stai comunicando la tua storia a un lettore.
Pensa che la scrittrice Annie Ernaux nel suo “Gli anni” scrive di se stessa riferendosi in terza persona, o dei suoi familiari usando la terza plurale.
Un dolore che filtra il suo rapporto con il mondo. Accorda ai paesaggi soltanto un’attenzione distante, si limita a considerare – quando osserva le zone industriali all’entrata delle città, il profilo di un nuovo centro commerciale e la scomparsa degli asinelli – quanto sia cambiata la Spagna dalla morte di Franco.
Oppure, la famosissima Alice Sebold nel best-seller “Amabii resti” ha adottato un espediente narrativo, per cui parla di sé in terza dalla prospettiva di un fantasma, ma partendo da una vicenda personale drammatica: uno stupro.
Nota bene: usare la terza persona potrebbe aiutarti a trovare la giusta distanza tra l’Io che ha vissuto un certo dramma e la narrazione, attraverso cui potrai compiere un processo terapeutico.
Così come i luoghi attraverso cui si muove il protagonista del tuo romanzo autobiografico non sono i paesi che trovi sulla Lonely Planet o su Google Map. Sono rappresentazioni anch’essi di queste ambientazioni. E quello che sarà interessante sarà il punto di vista di chi li vive (ricorda: non tu, ma la tua trasposizione letteraria). Se sei andato a Roma e hai visto il Colosseo, il lettore dovrà vedere il monumento come se fosse la prima volta.
E così ogni cosa che descrivi e decidi di inserire nel tuo romanzo autobiografico. Perché prima di tutto sei tu che scegli quali avvenimenti citare, quali no, quali oggetti, persone, azioni, mezzi di trasporto, battute, aneddoti inserire.
Ma ricorda che ognuno di essi deve essere trattato come elemento narrativo, come uno spunto di riflessione. Un treno non sarà più un treno, ma la rappresentazione di esso, qualcosa che si inserisce in un contesto narrativo molto preciso, in un mondo immaginario che non è la fedele replica della realtà, ma la sua rappresentazione (seppur fedele).
Se non ragioniamo per elementi narrativi che si muovono in un ecosistema indipendente – in un mondo letterario dove lettore e scrittore si possano incontrare – rimarremo sempre ancorati a un livello cronachistico di esposizione, in cui raccontiamo solo fatti privati: episodi che non interessano a nessuno.
I criteri e le caratteristiche dell’autobiografia: qualche esempio pratico
Vediamo innanzitutto quali possono essere i criteri che rendono una storia interessante o meno.
Innanzitutto, la selezione degli elementi da narrare.
Se iniziamo il nostro capitolo con: ho fatto colazione, ho visto che fuori pioveva, ho preso l’ombrello, etc… stiamo facendo la cronaca della nostra giornata. Stiamo tenendo un diario della nostra vita, ma non stiamo facendo narrativa. Gli elementi servono come pretesto per parlare d’altro, per approfondire, per ragionare, per emozionare.
Nota bene: possiamo sì usare l’espediente narrativo del diario, a patto che non risulti un diario vero e proprio. Un diario reale è destinato solo a se stessi, quindi possiamo dare per scontate molte cose ed essere autoreferenziali. Come i sogni, i diari personali non interessano a nessuno, a volte neanche chi li ha scritti. Se vogliamo invece simulare la scrittura di un diario non possiamo solo essere spontanei. Dobbiamo selezionare cosa raccontare, e cercare collegamenti con altri elementi, altri episodi, sensazioni, raggiungendo delle epifanie. Ho usato apposta la parola cercare, perché non possiamo sapere a priori cosa possiamo scoprire dal collegare alcuni episodi. È proprio il processo della scrittura che ci aprirà nuovi orizzonti, magari usando la tecnica del flusso di coscienza.
Di cosa parlare quindi? Delle tematiche che ti stanno a cuore.
Non importa il soggetto della narrazione. Il punto è esplorare un argomento, non solo menzionarlo.
Impariamo dalla fiction
Anche se stiamo scrivendo un’autobiografia, possiamo mutuare dalla fiction tecniche narrative e principi drammaturgici.
Il confitto è al centro di tutte le storie. Non c’è storia senza conflitto. Quello che spinge il lettore nel continuare la lettura è conoscere la natura del conflitto e come il protagonista l’ha risolto (o non l’ha risolto).
La narrazione è proprio ciò che avviene tra la nascita del conflitto e la sua risoluzione. Se diamo tutto subito in pasto al lettore, questo non sarà interessato nel proseguire la lettura. Ci identifichiamo proprio nella sfida, nel dolore, nel conflitto. Insomma, nel viaggio dell’eroe.
Onestà
C’è qualcosa di cui ti vergogni e quindi non ti senti in grado di scrivere? Ti potrebbe venire spontaneo censurare. Anche a livello inconscio. E invece è proprio qui dove devi andare a fondo.
Agassi si è aperto totalmente nella sua autobiografia Open. Un libro onestissimo in cui il tennista si è messo a nudo, mostrando tutte le sue insicurezze e paure.
Come faccio a sapere se l’argomento è interessante?
Questo è un altro interrogativo che incontrerai una volta intrapresa la strada della scrittura della tua autobiografia. Non è tanto importante di cosa parliamo, ma il punto di vista scelto nel raccontare qualcosa. Fondamentale è quindi lo sguardo dello scrittore, la tua voce autoriale.
Quando scegli i contenuti da raccontare, domandati:
è abbastanza interessante per me? Ho abbastanza materiale? Ha un respiro universale? Può essere rilevante per un lettore?
Nota bene: Capita a volte che un avvenimento ci colpisca in modo particolare. Ma non è detto che quell’episodio risulti interessante una volta riportato su carta. Anzi, in molti casi le storie migliori, o i personaggi migliori nascono da particolari, avvenimenti minori, persone che abbiamo conosciuto di sfuggita. Magari abbiamo fatto un viaggio alle Maldive e siamo stati colpiti dall’acqua cristallina, ci siamo emozionati facendo snorkeling e divertiti sorseggiano un cocktail al tramonto. Ma siamo sicuri che la stessa scena risulti interessante messa su carta? Considera che il lettore di oggi è una persona che ha viaggiato, ha visto film, documentari, che usa Internet e i social.
Perché scrivere un’autobiografia?
Se ti stai ancora domandando se sia meglio scrivere fiction o un’autobiografia, ecco alcune motivazioni che portano molte persone a voler raccontare la storia della propria vita.
- Per te, come libro di memorie:
scrivi per il te stesso di domani che vorrà ripercorrere alcuni episodi che sono stati importanti. - Per la tua famiglia:
scrivere un’autobiografia è un modo per mostrare la tua persona da una differente angolazione. - Per le generazioni future:
ovvero, per persone che non conoscerai mai (ad esempio, nipoti ma non solo). - Per esprimere una tematica, un punto di vista:
vuoi indagare un argomento che ti sta a cuore. - Per ispirare:
hai superato un ostacolo, imparato qualcosa, e vuoi condividere la tua esperienza.
- Recuperare l’autostima
- Imparare cose nuove (lingua, tecnologia, cultura, lavoro)
- Imparare a perdonare
- Buttarsi il passato dietro le spalle
- Il valore dell’onestà, dell’etica
- Soffrire o avere pregiudizi
- Il valore del sacrificio
- Imparare ad amare
- Accettare la morte di un caro
- Quella volta che sei stato ingenuo
- Il rapporto con la famiglia
- Essere accettati
- Superare le sfide
- Come hai scoperto di avere (o non avere) talento
- Scelte difficili
Corso come scrivere un'autobiografia
Struttura di un’autobiografia
Come può essere strutturata un’autobiografia? Che ordine deve seguire?
Puoi seguire un ordine cronologico, estrapolare degli aneddoti a cui far seguire alcune riflessioni, procedere analizzando tematiche rilevanti o comunque a te care.
Ma si può spaziare, ad esempio, L’ultima intervista di Nevo Eshkol usa l’espediente narrativo di un’intervista.
Ha sempre saputo che sarebbe diventato scrittore?
No. Ma a un certo punto, durante l’adolescenza, mi sono reso conto che le mie fantasie masturbatorie erano molto più dettagliate di quelle dei miei amici più intimi.
Per non sbagliare ti consiglio di avere sempre in mente la struttura aristotelica in 3 atti
1 atto: gancio/backstory/evento scatenante
2 atto: crisi/lotta (conflitti)/epifania
3 atto: piano/climax/fine
Ti consiglio di elaborare in prima istanza la struttura della tua autobiografia, pena incorrere nel blocco dello scrittore. Uno dei motivi per cui ci blocchiamo potrebbe essere quello che pretendiamo la perfezione dalla prima stesura.
Nota bene: La prima bozza deve servire solo a finire la storia, ad avere l’impasto che dovrà essere lavorato.
Plot Vs Storia
È bene avere sempre in mente la distinzione tra plot e storia.
Plot/trama: è il viaggio fisico del tuo personaggio (gli eventi che ti accadono) – si concretizza nell’azione [Livello esterno, evidente]
Storia: è il viaggio emotivo del tuo personaggio (evidenzia il cambiamento) – si concretizza nella reazione [Livello interiore, nascosto]
Quanto deve essere lunga l’autobiografia?
Non c’è una regola a questa domanda. Ti consiglio da una parte di non affrettare la conclusione, magari per la fretta di vedere il tuo libro pubblicato, ma dall’altra di non aprire infinite parentesi.
Corso come scrivere un'autobiografia
Spunti e consigli per scrivere un’autobiografia
Dopo questo lungo excursus su come scrivere un’autobiografia, voglio lasciarti con alcuni spunti e consigli pratici per ripercorrere la tua vita e dare avvio alla scrittura della tua autobiografia.
Foto: ripercorri la tu vita attraverso le foto. Osserva i dettagli. Non solo il soggetto in primo piano, ma anche il background. Poi allarga, esplora, cerca di ricostruire un contesto.
Tip 1: vai nei motori di ricerca e inserisci la data di riferimento di quella foto: scoprirai moltissimi avvenimenti di importanza nazionale e mondiale, che possono aiutarti a ricostruire un contesto.
Tip 2. Domanda a parenti, amici ed ex compagni di scuola se hanno foto che ti riguardano.
Interviste: poni delle domande a persone importanti della tua vita. Prepara interviste, usa registrazioni vocali, video, etc…
Tecnologia: dalla macchina da scrivere al laptop, dal telefono fisso all’i-phone, percorrere la nostra strada attraverso la tecnologia può essere un modo per riflettere sul ritmo della nostra vita e sull’evoluzione della nostra società.
Antenati: puoi usare dei tool per ricercare le tue origini. Ancestry.com o alcuni che analizzano il tuo DNA.
Idee varie: qualche idea per scavare nella tua infanzia e adolescenza: giochi, film, attività, animali, compagni di scuola, voti, sport, libri, vacanze.
Gratitudine: per che cosa sei grato? Forse molte volte si fatica a esercitare la gratitudine in quanto pensiamo sia legata alla soddisfazione di un desiderio. In realtà dovrebbe essere legata alla scoperta e soddisfazione di un bisogno autentico. Desiderio e Bisogno sono due cose diverse. Indispensabili da individuare nella costruzione del tuo protagonista.
Dialogo: un po’ come nelle traduzioni, dove l’importante è cogliere il senso di ciò che voleva esprimere l’autore, sacrificando l’aspetto letterale, se vuoi riportare una reale conversazione a cui hai partecipato o assistito, puoi modificare le battute per drammatizzare e migliorare l’effetto. Qui puoi approfondire come si scrivere un dialogo efficace.
Sorpresa Vs tensione: in base all’effetto che vuoi ottenere, è importante sapere quali informazioni condividere con il lettore. Se vuoi ottenere l’effetto sorpresa, allora il lettore deve avere lo stesso grado di consapevolezza del protagonista. Se invece vuoi generare tensione e suspense, allora devi anticipare delle informazioni, condividendole con il lettore. Il lettore conoscerà qualcosa ignorato dal protagonista.
Nonostante tu possa affinare la tua scrittura, magando seguendo un corso specifico sulla scrittura autobiografica, potresti avere bisogno di qualcuno che ti aiuti nello scrivere la tua autobiografia per te.
Non c’è nessun problema, esiste per questo la figura del ghostwriter, che, ascoltando il racconto della tua vita, può scrivere il tuo libro autobiografico. Certamente, questo servizio ha un costo che non è irrisorio, ma penso che avere la propria autobiografia tra le mani non abbia prezzo.
