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Che cosa sono le norme redazionali?
Le norme redazionali (o norme editoriali) sono le regole che uniformano il linguaggio di un testo scritto. Si tratta di una serie di convenzioni di stile che ne ordinano la forma e l’impostazione. Case editrici e autori, prima di pensare alla pubblicazione, devono accertarsi che le norme redazionali siano state rispettate in modo uniforme.
Le norme editoriali sono assunte dalle abitudini che regolano da anni il linguaggio scritto, con le eventuali evoluzioni del caso. Offrono parametri a cui attenersi durante la revisione di un libro e, proprio perché sono convenzioni, non sono vincolanti.
Ogni casa editrice sceglie quali norme seguire e le osserva fino in fondo, sia in un romanzo singolo che nei testi appartenenti a una collana. Così, le opere risultano coerenti da un punto di vista grafico e formale.
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Norme redazionali: che scelte hai a disposizione?
Anche se le norme redazionali sono riferite alle scelte formali che vengono adottate in modo arbitrario da una casa editrice o da una rivista letteraria, e che vengono attuate attraverso il lavoro di correzione di bozze, è opportuno che anche tu, caro scrittore esordiente, ti attenga a delle norme per avere un testo uniforme.
Se hai appena finito di scrivere un romanzo e ti piacerebbe pubblicare un libro, è importante che le tue scelte stilistiche risultino uniformi, dall’incipit alla conclusione.
Dunque, in cosa hai margine di scelta? Vediamolo insieme.
- Corsivo: ci sono regole editoriali che ordinano quando usare il corsivo. Si può adoperare per evidenziare titoli di libri, film, serie tv, opere d’arte, termini stranieri, termini tecnici, citazioni.
Es. “Fiamma e Roberto hanno passato tutta la notte al pc, a guardare la prima stagione di Game of Thrones. La storia è tratta dal romanzo fantasy di George R.R. Martin, Cronache del ghiaccio e del fuoco. Stanno in fissa, come quando uscì Captain America.”
“Lo scaffolding è una strategia d’apprendimento elaborata dallo studioso Jerome Bruner.”
“Si dice che Giovanna D’Arco, in punto di morte, esclamò: ‘Tenete la croce in alto, cosicché io possa vederla anche attraverso le fiamme.’ Ci credi?”
Per quanto riguarda le parole straniere, non tutte vanno in corsivo. Infatti, ce ne sono alcune che sono entrate a far parte della lingua italiana, come dossier, hamburger, kitch, collant etc. In questo caso, il corsivo non serve.
- Grassetto: si trova a volte nei manuali, nelle autobiografie o nei saggi brevi. Se vuoi sottolineare un concetto nel tuo scritto, puoi usare il grassetto. Fallo però con parsimonia! Il grassetto, così come il sottolineato, rende i caratteri non proprio leggibilissimi.
- Maiuscolo e minuscolo: ci sono casi in cui il maiuscolo è obbligatorio.
- A inizio frase à “La luna gettava una luce biancastra sulla superficie del lago.”
- Con i nomi propri à “A Michele piace molto leggere.”; “La città di Venezia è molto suggestiva.”
- Con gli Stati e i continenti à “In Inghilterra, spesso piove.”
- Per indicare periodi storici à “Durante l’Ottocento, si diffusero innumerevoli correnti culturali.”
- Per riferirsi a movimenti culturali, filosofici e letterari à “Ugo Foscolo fu un autore fondamentale per il Romanticismo italiano.”
- Quando comincia un discorso diretto à “Viaggiare gli piaceva moltissimo. «Eccome se vengo in vacanza!» esclamò.”
In altre occasioni, invece, serve il minuscolo.
- Per riferirsi ai popoli Per gli antichi, al contrario, ci vuole la maiuscola à Es. i Visigoti, i Celti, gli Egizi vs gli italiani, i tedeschi, gli etiopi
- Per i titoli onorifici à “Hai già chiamato l’ingegnere?”
- Per i mesi e i giorni à “Il quattro marzo c’è un concerto degli Imagine Dragons a Milano!”
A volte, maiuscolo e minuscolo sono intercambiabili.
Es. “Sono andata in Università appena possibile!” à GIUSTO
“Greta entrò in chiesa con il capo chino.” à GIUSTO
“Non mi ci vedo proprio in ministero, sai?” à GIUSTO
È qui che entrano in gioco le regole redazionali. Maiuscola o minuscola va bene comunque. Tuttavia, è importante che tu mantenga la tua scelta per tutta l’opera.
Se devi scrivere sigle, puoi mettere sia tutte le lettere in caps lock che adoperare la maiuscola solo per l’iniziale.
Es. USA e Usa à GIUSTO
In un certo frangente, anche i nomi comuni possono avere la maiuscola. Succede quando questi si caricano di un significato specifico. In questo caso, vanno usati come nomi propri.
Hai presente Robinson Crusoe? Nel celebre romanzo di Defoe, il compagno dell’arzillo naufrago Robinson si chiama Venerdì, e il giorno della settimana ha l’iniziale maiuscola. Questo perché è utilizzato come nome di persona, e quindi va trattato di conseguenza.
- Sigle: per quanto riguarda le sigle, puoi decidere di usare i punti per dividere le iniziali che le formano o meno.
Es. URSS o U.R.S.S. à GIUSTO
Ricorda, però: una volta compiuta una scelta, rispettala fino in fondo.
- Trattini: un trattino può essere lungo (o disgiuntivo) e corto (congiuntivo).
Il trattino corto, senza spazio prima o dopo, serve per:
- creare parole composte à neo-romanticismo; hip-hop; self-publishing;
- unire due termini (più che altro città) à linea La Spezia-Rimini
- definire un periodo di tempo à due-tre mesi
- per sillabare à “È stato in-cre-di-bi-le!”
Il trattino lungo, con spazio prima e dopo, indica:
- un inciso all’interno della fraseà “Era molto stanco – come non esserlo – ma voleva comunque uscire a prendere un gelato.”
- Nella punteggiatura nei dialoghi, per introdurre una battuta à “Disse: – Non ci posso credere che sei qui! – e corse ad abbracciarla.“
- -d eufoniche: sono usate per collegare una vocale isolata alla parola che segue, se questa comincia con una vocale. Le -d eufoniche sono cadute in disuso. Si utilizzano ormai solo nel caso in cui la vocale isolata e quella che viene dopo siano le stesse. Esistono anche alcune eccezioni: ad oggi, ad esempio, ad eccezione.
Es. “Considerò la sua scelta giusta, da un punto di vista morale ed etico.” à GIUSTO
“Mangiò una pizza con pomodoro ed alici.” à SBAGLIATO
“Le stavano tutti antipatici, ad eccezione di Fabio.” à GIUSTO
- Numeri: come si fa per i numeri? Be’, dipende. Diciamo che è consigliabile scriverli in parola se vanno da uno a dieci, oppure se costituiscono cifre tonde (es. Mille, cinquanta, cento). Nulla ti vieta di scriverli a numero, sia chiaro; la scelta spetta a te.
Se i numeri si accompagnano a un’unità di misura, allora si devono scrivere così à 10 kg, 25 km, etc. A meno che non scegli di mettere tutto per lungo, anche l’unità di misura à Es. “Ho perso dodici chili dall’inizio della dieta!”
- Date e orari: se ti riferisci a un secolo preciso, puoi scrivere la data in parola, oppure adoperare i numeri romani à “A fine Ottocento…”; “Nei primi anni del XIX secolo…”
Se riporti un giorno, un mese e un anno preciso, allora mantieni i numeri meno che per il mese à Es. “Il 5 maggio del 1821, morì il grande Napoleone Bonaparte.”
Gli orari possono essere scritti sia a numero che a parola. Spesso, più il tempo è “tondo”, più si tende a usare le parole piuttosto che i numeri. Se il minutaggio diventa specifico, allora le cose cambiano.
Es. “Quando Enrico tornò a casa erano le 13:12. Sua mamma non era per niente felice, visto che cenavano sempre a mezzogiorno in punto.”
- Sé riflessivo: il pronome riflessivo di terza persona sé ha l’accento acuto sulla e. Fino a qui, siamo tutti d’accordo. Ma cosa succede se scrivo sé + stesso?
L’Accademia della Crusca ha espressamente confermato che esistono pareri discordanti a riguardo. C’è chi evita di mettere l’accento sulla è in se stesso, perché non c’è possibilità che si confonda sé pronome con se ipotetico, visto che è in questa declinazione è seguito sempre da stesso. Altri, invece, come Serianni, sostengono che non bisognerebbe mai privare sé del suo accento, nemmeno in sé stesso.
Es. “Luigi non ha mai creduto davvero in sé stesso.” à GIUSTO
“Maria Chiara dovrebbe proprio prendersi un po’ di tempo per se stessa, è troppo stressata.” à GIUSTO
- Citazioni: se decidi di citare un’opera, una canzone, la battuta di un film, etc nel tuo romanzo, hai tre opzioni: virgolette alte, virgolette basse o corsivo.
Il nome dell’autore puoi metterlo subito dopo, tra parentesi o meno, o inserirlo in una nota a piè di pagina. Queste si scrivono numerate in appendice o in fondo alla pagina, in base alle tue preferenze.
- Virgolette: si utilizzano per aprire e chiudere un dialogo, riportare pensieri, citazioni o metafore. Le virgolette più usate sono tre:
- basse (caporali o sergente)à “Matteo si volse verso le nuove arrivate. «Ciao!», esclamò tutto contento.”
- alte doppie à “Annamaria correva per la ciclabile. “Adoro questa sensazione”, mugolò compiaciuta.”
- alte semplici (apici) à “Emma non riusciva a stare ferma. ‘Non posso aspettare’, si lamentò, forzando la porta del bagno.”
- Dialoghi: per inserire i dialoghi nel testo si usano
- virgolette alte doppie o semplici à Il sole calava dietro alle colline come un grosso arancio maturo. “Possibile che siano ancora le quattro?” chiese Ludovico.”
- virgolette basse à Marzia si lanciò in piscina con una capriola. «Si sta benissimo!» fece, nuotando fino alla scaletta.”
- trattini à “Paolo avanzò, senza paura. – Prendetevela con qualcuno della vostra taglia! – disse minaccioso.”
Sono tutte giuste, ma le virgolette alte riportano meglio le citazioni o i pensieri. Personalmente, utilizzo le caporali per introdurre le battute dei miei personaggi, e mi sono sempre trovato bene così.
- Plurali di parole straniere
Di solito, per fare il plurale di parole straniere entrate a far parte della lingua italiana non si usa la -s finale, come in inglese. Si mantiene semplicemente il termine così come è, anche se ci si riferisce a più oggetti. Tipo, non c’è bisogno di aggiungere la -s finale a baguette, computer, hobby, sandwich, etc.
Se la parola è stata adottata dall’italiano con la -s finale di per sé, la -s non va tolta nemmeno se si indica un oggetto singolo. Ad esempio, jeans, ribes, fitness…
- Punteggiatura: questa è una questione molto delicata. Sulla punteggiatura non si è quasi mai tutti d’accordo, a meno che la grammatica non detti regole ferree a riguardo. Ad esempio, il fatto che il punto esclamativo e il punto interrogativo hanno bisogno della maiuscola a seguire. Ancora, i puntini di sospensione sono sempre e solo tre, e così via.
- Interiezioni: le interiezioni sono parole invariabili che si usano per esprimere lo stato d’animo di chi parla. Possono introdurre un saluto, un richiamo, un ordine, etc. Anche le interiezioni sono regolate dalle norme editoriali. Vediamo alcuni esempi.
- Be’, beh o bhe? L’alternativa più corretta è be’, corredata con l’apostrofo che esprime il troncamento della sillaba finale. Bhe invece proprio non esiste.
- Ahahah o hahaha? Hahaha è una risata anglosassone, la -h dopo la vocale esprime aspirazione. In italiano, è meglio la versione
- Hey, ehi o ei? Anche in questo caso, hey è una forma corretta se parlo in inglese. In italiano, conviene utilizzare Ehi, mentre Ei proprio non si può sentire.
- Oddio o Oh Dio? Vanno bene entrambe le forme. Oddio è la versione contratta; in italiano si contrae spesso, come in sebbene, eppure…
Ti sembra complicato?
In realtà no, si tratta solo di applicare alcune regole, così come fa il correttore di bozze, che lavora seguendo il normario editoriale fornito dalla casa editrice.
Per te autore emergente è sufficiente adottare delle norme e mantenere la coerenza.
Se ti appassiona il mondo dell’editoria, e vorresti lavorare come correttrice di bozze o editor, puoi iscriverti al nostro corso di editing e correzione di bozze: Mba-Master Editing.