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L’ambientazione parte dal micro, dall’intimo, dalle mura domestiche fino ad arrivare al macro-cosmo, passando per stadi intermedi.
Quando scriviamo un romanzo generalmente (esistono tuttavia delle eccezioni) dobbiamo collocare la storia in un’ambientazione specifica.
Come collocazione possiamo riferirci a più livelli:
L’ambiente influenza ogni aspetto della nostra vita. Condividi il Tweet
Di conseguenza, quando costruiamo delle scene, rispettando la tecnica narrativa Show, don’t tell, è importante che i personaggi, quando si esprimono attraverso i dialoghi, interagiscano con il luogo.
A volte alcuni testi di autori esordienti peccano di superficialità proprio perché trama e personaggi si muovono su una superficie piatta, come burattini su un palco davanti a una scenografia di cartapesta. Il luogo dove i personaggi si muovono, invece, li farà comportare e dialogare in modo diverso. Quando costruite una scena dovete essere lì nel loro ambiente.
Quando il lettore segue il protagonista attraverso un’ambintazione originale ed evocativa è come se vedesse quel luogo per la prima volta.
Provate a immaginare come sarebbe il romanzo Ulisse se non fosse ambientato a Dublino. O L’ombra del vento se non fosse ambientato negli affascinanti quartieri gotici di Barcellona. O, per venire più vicini a noi, Le otto montagne di Cognetti, dove la montagna diventa vero e proprio protagonista del romanzo. E, quasi specularmente, Un Amore, di Buzzati, dove Milano e Laide si riflettono in un gioco di specchi. Ancora, Il Barone rampante se Cosimo non avesse deciso di staccare con la società e di abitare sugli alberi. O come si comporterebbe il Giovane Holden se, invece che a New York, avesse abitato a Pavia?
Vivere in un posto dove è buio sei mesi all’anno o dove piove di continuo è diverso dal vivere in un luogo assolato, dove dopo il lavoro puoi andare in spiaggia a sdraiarti o a bere una birra con gli amici (ve lo garantisco, dato che ho vissuto a Dublino per nove anni!)
L’ambiente influenza le persone nel profondo, più di quanto possiamo immaginare. Non solo, ma un’ambientazione ben caratterizzata può salvarci a volte dai vuoti di trama, da un dialogo spoglio, una scena povera. Se il mio personaggio sta chiedendo un’informazione, e ci sono 40 gradi, posso fargli asciugare il sudore con un fazzoletto, posso mandarlo al bar a comprare una bottiglia d’acqua, posso farlo bestemmiare per il caldo o godere perché finalmente è arrivata l’estate (e questo mi aiuta a capire che tipo di persona sia).
Ci sono romanzi, ad esempio il romanzo giallo “Dieci piccoli Indiani” o “Assassinio sull’Oriente Express” di Agatha Christie, dove l’ambientazione diventa parte fondamentale e strutturale della storia.
Ricreare l’ambientazione con le parole non è solo una mera descrizione estetica del luogo, ma è soprattutto evocare un’atmosfera, sottolineare come questa interagisca con l’umore dei protagonisti del romanzo o del racconto, con la loro personalità, il loro stile di vita.
La caduta di casa Usher, Poe
Per tutta una fosca giornata, oscura e sorda, d’autunno, col cielo greve e basso di nuvole, avevo cavalcato da solo attraverso la campagna singolarmente lugubre fino a che mi trovai, mentre già cadeva l’ombra della sera, in vista della malinconica casa degli Usher.
Attraverso la descrizione dell’ambiente, l’uso di determinate parole, Poe evoca uno stato d’animo: un sentimento di desolazione, pericolo e malinconia. Ricordiamo che lo stato d’animo e l’ambientazione vengono comunicati attraverso il punto di vista del narratore.
Quindi, idealmente la descrizione dell’ambiente non è mai fine a se stessa, redatta come fosse una guida turistica, ma dovrebbe evocare le sensazioni, le percezioni e l’emotività dei personaggi. Come, nel caso di:
Lo straniero, di Camus:
Io guardavo la campagna intorno a me. Osservando le linee dei cipressi che portavano alle colline vicino al cielo, e quella terra rossa e verde, e quelle case rade e ben disegnate, capivo mamma. La sera, in quel paese, doveva essere come una tregua malinconica. Adesso, invece, quel sole esasperato faceva vibrare il paesaggio e lo rendeva disumano e deprimente.
Quante volte, quando leggiamo una grande opera narrativa, ci sembra proprio di essere trasportati sul luogo. Osserviamo come Calvino renda in modo magistrale l’atmosfera polverosa e grigia della stazione.
“Se una notte un viaggiatore”, Calvino
Il romanzo comincia in una stazione ferroviaria, sbuffa una locomotiva, uno sfiatare di stantuffo copre l’apertura del capitolo, una nuvola di fumo nasconde parte del primo capoverso. Nell’odore di stazione passa una ventata d’odore di buffet della stazione. C’è qualcuno che sta guardando attraverso i vetri appannati, apre la porta a vetri del bar, tutto è nebbioso, anche dentro, come visto da occhi dì miope, oppure occhi irritati da granelli di carbone.
Il mio romanzo L’una di Ferragosto è ambientato in due luoghi differenti, opposti direi: in Finlandia e in Brasile. I due Paesi mi sono stati suggeriti dai personaggi (che a loro volta mi sono stati suggeriti da persone che provenivano da questi due luoghi). Il freddo e il caldo, il buio e la luce influenzano gli stati d’animo dei protagonisti, accentuando la contrapposizione tra i due filoni che compongono il romanzo. L’obiettivo è sempre quello di trasportare il lettore sul posto. Anche se stiamo scrivendo fantascienza o horror, o a maggior ragione forse, dobbiamo essere credibili: l’ambientazione e il tempo servono proprio a portare fisicamente il lettore all’interno della storia. D’altronde, leggiamo anche per viaggiare rimanendo seduti Condividi il Tweet.
Pensiamo alle strade di Filadelfia in cui si allena Rocky, al sole di Puerto Escondido, alle atmosfere gotiche di Poe o alla fredda Oslo di Jo Nesbo. Il lusso Newyorkese ne Il Grande Gatsby avrà protagonisti diversi rispetto alla periferia degradata di Noi, I ragazzi dello zoo di Berlino.
“Il Grande Gatsby”, Fitzgerald
Le finestre erano socchiuse ed emettevano bagliori bianchi sull’erba fresca che sembrava voler crescere fino ad entrare in casa. Una brezza leggera soffiava nella stanza, muovendo le tende come fossero bandiere, fino a farle arrivare sul soffitto, e poi proiettandole sul tappeto, formando ombre come fa il vento sul mare.
“Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino”, Christian F.
Capii in quel momento che noi non avevamo più un posto dove andare. Tutti i nostri amici erano bucomani. E tutti i posti che conoscevamo, dove in un certo senso eravamo di casa, erano posti del giro dell’eroina. Andammo alla metropolitana senza parlare della nostra meta. Fu tutto automatico. Eravamo tirati da un filo invisibile senza che ce ne rendessimo conto. E alla fine stavamo al Bahnhof Zoo
Storia, ambiente e personaggi si fondono per caratterizzare in modo unico la storia.
Vediamo altri due esempi diametralmente opposti dove le condizioni climatiche diventano quasi un’allegoria.
“Anna Karenina”, Tolstoj:
La tremenda tempesta urlava tra le ruote del treno e negli angoli della stazione. Le rotaie, le colonne, le persone e tutte le cose visibili erano coperte dalla neve sempre più fitta. La tempesta sembrava dover finire da un momento all’altro, poi soffiava con così tanta potenza che sembrava impossibile rimanere in piedi.
Atmosfera completamente diversa rispetto al nostrano Io non ho paura di Ammanniti, romanzo ambientato ad Acqua Traverse, località inventata ma con dei inequivocabili riferimenti del Sud d’Italia. Infatti, sono le caratteristiche precise che ce lo fanno geo-localizzare e immaginare nella nostra mente, anche se il posto non esiste.
“Io non ho paura, Ammanniti
Quella maledetta estate del 1978 è rimasta famosa come una delle più calde del secolo. Il calore entrava nelle pietre, sbriciolava la terra, bruciava le piante e uccideva le bestie, infuocava le case. Quando prendevi i pomodori nell’orto, erano senza succo e le zucchine piccole e dure. Il sole ti levava il respiro, la forza, la voglia di giocare, tutto. E la notte si schiattava uguale. Ad Acqua Traverse gli adulti non uscivano di casa prima delle sei di sera. Si tappavano dentro, con le persiane chiuse. Solo noi ci avventuravamo nella campagna rovente e abbandonata.
Luce, caldo, sole; gli adulti chiusi in casa e i ragazzi liberi nei campi; i primi confinati nell’ombra, gli altri beatamente immersi nella luce. Forse questa dualità rappresenta una metafora. L’ideale è che la descrizione sia funzionale alla storia e a connotare i personaggi.
Possiamo riscontrare un’altra dualità nel romanzo “Un amore”, di Buzzati, dove la grigia, caotica, frenetica città di Milano si materializza quasi nella personalità di Laide, la ragazzina. E questa, a sua volta, con il suo dinamismo, le sue contraddizioni, il suo voler calpestare Dorigo sembra incarnare le caratteristiche della città.
“Un amore”, Buzzati
Via, nel rossastro alone che sovrasta l’immenso agglomerato delle case, volano nella notte i torpidi fumi della nafta, sconvolte e dirupate bandiere, e un ritmo di cupa musica a martello le trascina lentamente verso le caverne del settentrione. […] la nera Milano antica e tenebrosa sta per riprenderla e inghiottirla, lei sparirà nel labirinto […] Ora davvero la città dorme, il sonno trasuda dalle centomila stanze e cola giù per i muri si spande come invisibile sudario per le strade deserte entra nelle macchine stanche che giacciono inerti in sterminate file lungo i marciapiedi, marea che lievita lentamente da un capo all’altro di Milano mescolando in un solo fiato il respiro del ricco e del pezzente, della prostituta e della suora, dell’atleta e del malato di cancro.
Se provate a togliere i vostri personaggi da quel contesto e a riposizionarli in un altro ambiente e nulla cambia, vuol dire che l’ambientazione non è abbastanza efficace e caratterizzata. A meno che non sia un effetto voluto (ad esempio Cecità di Saramago è lasciato appositamente senza riferimenti). Come al solito, dobbiamo essere consapevoli delle regole se vogliamo trasgredirle.
Un trucco per valorizzare l’ambientazione
Un espediente per creare un’atmosfera particolare può essere quella di cambiare il tempo in cui è ambientata la vostra storia. Pensiamo al mare d’inverno, alla notte che rende tutto più misterioso, affascinante e spaventoso, ma anche il contrario. Ricordo un’esperienza di quando avevo sedici anni e, durante l’estate, lavoravo come PR per una discoteca di Rimini. Al pomeriggio andavamo in discoteca a ritirare gli inviti da consegnare. Vi assicuro che lo stesso posto, senza oscurità, strobo, luci colorate, musica assordante, fumo (ai tempi si fumava nei locali) produceva un effetto completamente diverso. Abbastanza piatto, se non, squallido. Questo può provocare un senso di estraneità.
Nella maggior parte dei casi ci troviamo ad agire nel nostro habitat naturale, nel nostro contesto abituale, ma a volte ci troviamo catapultati in situazioni assurde, in un ambiente estraneo: questo ci fa sentire un pesce fuor d’acqua. Molti film e libri hanno adottato questo stratagemma per provocare un effetto comico o straniante. Il classico povero che si ritrova in una cena a casa di ricchi, oppure un ragazzo di colore in un contesto di solo bianchi (Get out) o ancora, se pensiamo a Ritorno al futuro, basta viaggiare nel tempo anche rimanendo nello stesso luogo per farci sentire fuori luogo, goffi o in difficoltà. Anche Alice nel paese delle meraviglie può essere ricondotto a questa categoria. Il protagonista della Metamorfosi di Kafka, anziché cambiare l’ambiente, cambia l’aspetto del protagonista, facendo diventare l’ambiente ostile. Ecco che cambiando anche solo una variabile nella struttura del nostro testo possiamo ottenere effetti interessanti.
Dettagli e verosimiglianza
Non importa se l’ambiente è vero o inventato (prendiamo ad esempio Il signore degli anelli o Blade Runner):
l’importante è che ci siano elementi di verosimiglianza e dettagli precisi.
Se il punto di vista passa attraverso lo sguardo di un personaggio, anche la descrizione dell’ambiente ne verrà ovviamente influenzata. Giusto per trasgredire ancora una volta le regole, il racconto Cattedrale è parco di dettagli sull’ambiente. Carver accenna a un sofà e a una televisione, nulla di più. Perché? Perché il protagonista è una persona che non nota molto i dettagli; lui stesso è sciatto, e la casa rappresentata nel racconto vuole essere una casa borghese ordinaria qualsiasi. Qui l’assenza di dettagli è funzionale a creare questa atmosfera; così come, se decidete di descrivere l’ambiente, dovete scegliere quali sono i dettagli utili ed efficaci che volete inserire.
Leggi il dialogo surreale tra Carver e Aristotele
Alcuni consigli pratici per creare l’ambientazione:
- Usate “Google street view” per descrivere un posto dove non siete stati, o non ricordate bene
- Prendete sempre appunti fotografici o annotazioni su un taccuino quando siete in giro
- Cambiate il nome del posto, o inventatene uno, se intuite che possa infastidire i suoi abitanti
- Se ambientate la vostra opera in un’epoca futura o in un luogo inventato, usate dettagli reali per rendere il racconto credibile
A volte l’ambiente diventa così preponderante da diventare un protagonista imprescindibile. Pensiamo alle montagne di Cime Tempestose, al mare di Il vecchi e il mare (scarica Il_vecchio_e_il_mare ) all’inquietante Overlook hotel di Shining, o al mare di Le onde di Virginia Wolf.