Il flusso di coscienza definizione

Cosa intendiamo per flusso di coscienza?

Il flusso di coscienza (conosciuto anche come stream of consciousness) è una tecnica narrativa, usata nella scrittura di romanzi e racconti, che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri di un personaggio, così come compaiono nella mente, senza essere riorganizzati logicamente in frasi e senza essere introdotti da segni grafici né sintagmi di legamento.

Il flusso di coscienza viene realizzato tramite il monologo interiore in quelle opere letterarie dove emerge in primo piano l’individuo, con i suoi conflitti interiori, le sue emozioni, i suoi sentimenti e le sue sensazioni, insomma, la sua vita psichica inconscia.

Chi ha inventato il flusso di coscienza?

 Sebbene associamo molto spesso il flusso di coscienza all’autore irlandese James Joyce, a coniare il termine flusso di coscienza fu la scrittrice britannica May Sinclair, pseudonimo di Mary Amelia St. Clair, autrice prolifica della prima metà del Novecento. May Sinclere fu un’attiva sostenitrice del movimento per il suffragio femminile e portavoce della Woman Writers’ Suffrage League.

Tuttavia, la prima opera in assoluto dove compare il flusso di coscienza è “I lauri senza fronde” (Les lauriers sont coupés) dello scrittore Edouard Dujardin, pubblicato a puntate nel 1887 sulla rivista letteraria La Revue indépendante.

 A teorizzare invece il flusso di coscienza fu lo psicologo e filosofo francese Victor Egger (1848-1909), autore di La parole intérieure. Essai de psychologie descriptive, nel quale tratta il tema da un punto di vista psicologico-filosofico.

 Questa rivoluzionaria tecnica di scrittura – con la libera associazione di pensieri, la mescolanza senza soluzione di continuità dell’attività conscia e inconscia, verbalizzata e non – nasce dal clima culturale a cavallo tra ‘800 e ‘900, con le avanguardie artistiche del ‘900, le teorie psicanalitiche, e in particolare gli studi sull’inconscio di Freud.

 Gli scrittori più importanti che hanno utilizzato il flusso di coscienza nelle loro opere, eliminando ogni barriera tra la percezione della realtà, la rielaborazione mentale, il dialogo, sono: James Joyce, Virginia Wolf, Jack Kerouac, William Faulkner, Svevo, Pirandello, Guido Piovene e Giuseppe Berto.

 Joyce ha sicuramente approfondito il flusso di coscienza raggiungendo risultati eccezionali, prima con la raccolta di racconti Gente di Dublino (Dubliners), e poi con l’Ulisse

Che differenza c’è tra il monologo interiore e il flusso di coscienza?

 Sebbene affini, i due concetti non sono perfettamente sovrapponibili. La principale differenza tra monologo interiore e flusso di coscienza sta nella struttura e nell’organizzazione del pensiero della voce narrante.

 MONOLOGO INTERIORE: i pensieri del personaggio hanno una struttura più logica, chiara e coerente. Si può passare dalla prima alla terza persona, e anche se il lettore ha l’impressione che il narratore stia procedendo in modo casuale, in realtà, la narrazione è controllata logicamente dall’autore, che vuole seguire una sorta di ragionamento.

Un esempio: La coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923)

Ieri avevo tentato il massimo abbandono. L’esperimento finì nel sonno più profondo e non ne ebbi altro risultato che un grande ristoro e la sensazione di aver visto durante quel sonno qualche cosa di importante. Mercé la matita, che ho in mano, resto desto, oggi. Vedo, intravvedo delle immagini bizzarre che non possono avere nessuna relazione col mio passato: una locomotiva che sbuffa in salita trascinando delle innumerevoli vetture; chissà donde venga e dove vada, e perché sia capitata qui!

 

FLUSSO DI COSCIENZA: in questo caso pensieri, ricordi, emozioni, allucinazione del personaggio sono presentati al lettore senza nessun tipo di organizzazione logica, senza filtri. Si può passare da un discorso all’altro, da un’idea all’altra senza alcun motivo, solo per associazioni spontanee di idee. I discorsi appaiono ambigui, frammentati, discontinui.

 

Ulisse, di James Joyce (1922)

Stivali stretti? No! E’ zoppa! O! Mr. Bloom la guardò andarsene zoppicando. Povera ragazza! Ecco perché la lasciano in disparte mentre le altre corrono. Avevo notato qualcosa di strano nel suo aspetto. La bella
abbandonata. Un difetto è dieci volte peggio in una donna. Ma le rende gentili. Meno male che non lo sapevo mentre si metteva in mostra. Comunque che diavoletto capriccioso. Non mi spiacerebbe. Curioso come per una monaca o una nera o una ragazza con gli occhiali. La strabica è raffinata. Sta quasi per avere le sue cose, penso, le rende pruriginose. Che mal di testa oggi. Dove ho messo la lettera? Sì, giusto.

 

Come si scrive un flusso di coscienza? Un monologo interiore?

Tecnicamente la scrittura di un flusso di coscienza e monologo interiore hanno delle similarità. Si usa un registro colloquiale e spontaneo, si usano frasi brevi, ripetizioni, ellissi, l’uso della prima persona singolare, i verbi al presente o al passato prossimo, l’inserimento di espressioni dialettali, un libero uso e frammentato della punteggiatura.

 

James Joyce, l’Ulisse

Ulisse_James_Joyce

Il mito

L’Ulisse di James Joyce è ampiamente considerato sia un capolavoro letterario che una delle opere di letteratura più difficili da leggere.

Questo libro ispira talmente tanta devozione che una volta all’anno, in un giorno chiamato Bloomsday, migliaia di persone in tutto il mondo si travestono come i personaggi del libro, scendono in strada, e leggono passi del libro ad alta voce.

Alcuni addirittura fanno un pellegrinaggio a Dublino solo per visitare i luoghi così vividamente rappresentati nell’opera di Joyce.

Allora, di cosa tratta questo romanzo, notoriamente così difficile che ispira così tante persone?

Non c’è una sola e semplice risposta a questa domanda, ma diversi fatti notevoli.

La trama

La storia, che si estende nell’arco temporale di un solo giorno, annovera solo tre personaggi:

Stephen Dedalus, ripreso dal precedente romanzo di Joyce, “Ritratto dell’artista da giovane”; Leopold Bloom, propagandista pubblicitario mezzo ebreo per un giornale di Dublino; e la moglie di Bloom, Molly, che sta per imbarcarsi in un tradimento.

Stephen è depresso a causa della recente morte di sua madre.

Bloom vaga per la città, va a un funerale, al lavoro, a un pub, e così via, evitando di andare a casa perché Molly sta per iniziare la sua relazione clandestina.

La trama del romanzo in sé non è poi così complicata. Ma la parte veramente interessante è come la storia è raccontata.

La struttura

Ogni capitolo è scritto in uno stile diverso.

Il quindicesimo è una commedia; il tredicesimo è un romanzo d’amore kitsch;

il dodicesimo una storia con interruzioni bizzarre ed esagerate;

l’ undicesimo utilizza figure retoriche come l’onomatopea, le ripetizioni e l’allitterazioneper imitare la musica;

il quattordicesimo riproduce l’evoluzione della letteratura inglese in prosa dai suoi inizi  fino al 20 ° secolo.

Tutto ciò culmina nel capitolo finale che segue il flusso di coscienza di Molly: otto lunghi paragrafi senza quasi nessuna punteggiatura.

La gamma di stili che Joyce usa nell’ “Ulisse” è una delle cose che lo rende così difficile, ma anche piacevole e sorprendente.

Ed è uno dei motivi per cui il libro è ritenuto uno dei testi chiave del modernismo letterario, un movimento caratterizzato dal rovesciamento delle modalità di scrittura tradizionali.

Lo stile

Joyce riempie la sua routine di “ginnastica” narrativa con un uso fantasioso della lingua.

Ad esempio,

“La figura seduta su un grande masso ai piedi di una torre rotonda era quello di un enorme e abbronzato uomo dai capelli scuri, con la barba rossa, la bocca aperta, larga, i capelli scuri, ispidi, tenuti da una lunga coda e l’aspetto nerboruto.

Qui Joyce esagera la descrizione di un vecchio rognoso in un pub per farlo sembrare un improbabile gigantesco eroe.

È vero che alcune sezioni sono impenetrabilmente dense a prima vista, ma spetta al lettore lasciare che i suoi occhi sfiorino soltanto il testo o scavino a fondo. E una volta che inizia a scavare, troverà il libro come un tesoro enciclopedico. È pieno di ogni sorta di riferimenti e allusioni, dalla filosofia medievale al simbolismo dei tatuaggi, dallo slang di Dante a quello di Dublino.

Come suggerito dal titolo, alcune di queste allusioni ruotano attorno all’Odissea di Omero.

Ogni capitolo prende il nome da un personaggio o episodio dell’Odissea, ma i riferimenti letterari sono spesso labili, discutibili, sarcastici o mascherati.

Ad esempio, Ulisse, dopo un viaggio epico di 20 anni, torna a casa a Itaca e si riunisce con la sua fedele moglie.

Al contrario, Bloom gira per Dublino per un giorno e torna a casa dalla moglie infedele.

È un libro molto divertente. Ha uno humor a volte molto intellettuale, e a tratti di bassa lega, prosaico, sporco.

Infatti, questi e altri riferimenti sessuali risultarono troppo spinti per alcuni.

Negli Stati Uniti, il libro fu messo sotto processo, bandito e censurato prima ancora che fosse stato completato perché era stato originariamente pubblicato come romanzo in serie.

L’ambientazione

L’ambientazione è un elemento imoportantissimo in tutti i romanzi. I lettori dell’ “Ulisse” non sono solo guidati attraverso una varietà di stili letterari, ma godono anche di un ricco tour incredibilmente accurato di un luogo e di una data specifici: Dublino nel 1904.

Joyce ha affermato che se Dublino venisse distrutta, potrebbe essere ricreata dalle pagine di questo libro. Mentre tale affermazione non è esattamente vera, mostra la grande cura che Joyce ha messo nel rappresentare i dettagli precisi, sia grandi che piccoli, della sua città natale.

Non di certo una piccola impresa considerando che aveva scritto l’intero romanzo mentre viveva fuori della sua nativa Irlanda.

Il fatto che l’”Ulisse” sia ritenuto un libro difficile è testimonianza del genio di Joyce.

Alcune persone lo trovano impenetrabile senza un manuale critico completo di annotazioni per aiutarli a capire di che cosa stia parlando.

Ma si può trovare molto piacere nella lettura, senza limitarsi a risolvere gli enigmi e svelare le allusioni e i riferimenti.  E se è difficile, o frustrante o divertente, questo è perché la vita è tutto questo e altro ancora.

Rispondendo ad alcune critiche all’ Ulisse (e ce ne furono parecchie quando fu pubblicato per la prima volta) Joyce ha detto che se non vale la pena che l’Ulisse venga letto, allora la vita non vale la pena di essere vissuta.

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