Al giorno d’oggi, sono molti i professionisti che cercano di venderti il loro metodo sicuro per scrivere e pubblicare un libro di successo e diventare famoso. Ma esiste una formula magica per confezionare libri perfetti? La risposta è no. Tuttavia, se ti stai chiedendo come conquistare i tuoi futuri lettori devi sapere che, spesso, molti libri hanno avuto successo grazie ai loro personaggi. Non mi riferisco per forza ai protagonisti; anche i personaggi secondari sono molto amati. Ci sono diverse fanfiction online che i lettori dedicano ai loro beniamini!

Se desideri essere apprezzato dalla critica e dal grande pubblico, punta a costruire un cast di personaggi indimenticabili. Devono essere originali, affascinanti, carismatici, in grado di catalizzare l’affetto dei lettori.

Come dar vita al protagonista perfetto? 

Forse può esserti utile basare la sua caratterizzazione su un archetipo. Esistono infatti archetipi femminili e archetipi maschili dai quali attingere per creare personaggi efficaci e memorabili.

Ma che cos’è un archetipo? E come si fa a usarlo per scrivere libri?

Lo vediamo subito insieme. Oggi infatti parliamo degli archetipi e del loro utilizzo in narrativa.

Archetipo: etimologia

Per comprendere il significato della parola Archetipo si deve guardare al greco antico ὰρχέτυπος. Questo termine viene dall’unione di due concetti: inizio/principio + modello/esemplare.

Attingendo al vocabolario Treccani à archetipo = primo esemplare, modello.

Tanto tempo fa, il primo a parlare di archetipo fu il filosofo Filone di Alessandria. Dopo di lui, ne trattarono anche lo storico Dionigi di Alicarnasso e il retore greco Luciano di Samosata e…insomma, la lista è lunghissima!

Oggi, il concetto di archetipo è usato in molteplici contesti e discipline.

  • L’archetipo in filosofia: serve per rappresentare la forma originaria del pensiero e indagare la realtà e l’essere umano.
  • L’archetipo in psicologia analitica: il termine si usa per indicare i simboli innati e universali dell’inconscio.
  • L’archetipo in narratologia: si adopera per riferirsi a meta-concetti espressi da personaggi e nella struttura narrativa. Nello storytelling, gli archetipi sono funzionali all’arte della narrazione e alla spiegazione dei principi della retorica.
  • L’archetipo in filologia: indica la copia non conservata di un manoscritto, dalla quale risalgono poi altre copie.
  • L’archetipo nel marketing: per la brand identify, si studiano gli archetipi al fine di massimizzare l’impatto delle comunicazioni. Questo per far leva su emozioni, bisogni e motivazioni del pubblico.

Jung e l’archetipo

Carl Gustav Jung, padre della psicologia analitica, parla di archetipi in unione al concetto di inconscio collettivo. Nel volume Gli archetipi dell’inconscio collettivo, definisce l’esistenza di 12 archetipi. Questi sono schemi innati che si trovano all’interno di ognuno di noi.

Gli archetipi si trasmettono in maniera ereditaria e sono universali; infatti, sono condivisibili in quanto uguali per tutti. Proprio perché sono comuni a chiunque, gli archetipi fanno parte dell’inconscio collettivo. Che cos’è l’inconscio collettivo? È più facile di quel che sembra. Si tratta di idee condivise da tutta l’umanità, inconsce, che regolano i comportamenti e le azioni delle persone.

A cosa servono gli archetipi in narrativa?

Ok, mi dirai tu. Tutto molto bello, l’inconscio collettivo, gli archetipi universali, va bene.

Ma a cosa serve sapere che cosa sono gli archetipi junghiani se voglio scrivere un bel libro?

Come ho già anticipato, gli archetipi sono molto utili per creare protagonisti con cui empatizzare, tridimensionali e credibili.

In narratologia, gli archetipi sono modelli di comportamento, funzioni narrative che i personaggi assumono nel corso della storia. In sé, gli archetipi sono impossibili da rappresentare; infatti, nei romanzi ne troviamo una manifestazione concreta.

Immagina l’archetipo come una bella sedia comoda. Durante la narrazione, i personaggi ci si mettono sopra in base alla situazione in cui si trovano o all’azione che compiono.

Sia chiaro: una volta che un personaggio ha occupato una sedia, non deve starci incollato per tutto il libro. Anzi, nel corso della storia, i personaggi passano da una sedia all’altra.

Gli archetipi sono infatti le varie funzioni che assumono i personaggi, e mutano all’interno del racconto. Grazie a questo ricambio, un romanzo risulta piacevole e d’intrattenimento.

Pensa a un libro dove i personaggi non evolvono in nessun modo. Sarebbe super prevedibile e noioso. Il fatto che ricoprano più ruoli, invece, li rende autentici e interessanti.

Associare gli archetipi ai tuoi personaggi ti consente inoltre di conoscerli meglio e di farli agire in modo coerente. L’archetipo che ricoprono detterà infatti le loro interazioni, le decisioni che prendono, gli obiettivi che inseguono.

Vista l’utilità degli archetipi in letteratura, conosciamo meglio i loro teorizzatori.

Jung, infatti, non è stato l’unico a interessarsi a simili questioni. Campbell e Vogler ne hanno discusso ampiamente, adattando gli archetipi junghiani allo studio delle religioni e allo storytelling.

I 12 archetipi junghiani

Vista la sua importanza, soffermiamoci un momento su Jung e le sue teorie.

Egli individua 12 archetipi e li definisce immagini proprie dell’inconscio collettivo. Si manifestano tramite simboli: sogni, arte e religione.

Ecco un elenco dei 12 archetipi junghiani.

  • Innocente      
    archetipo innocente      
  • Orfano
    archetipo orfano
  • Guerriero/Eroe
    archetipo guerriero
  • Angelo custode
    archetipo angelo custode
  • Amante
    archetipo amante
  • Cercatore/Esploratore
    archetipo esploratore
  • Distruttore/Ribelle
    archetipo distruttore
  • Creatore
    archetipo creatore
  • Sovrano
    archetipo sovrano
  • Mago
    archetipo del mago
  • Saggio
    archetipo saggio
  • Folle/Giullare
    archetipo giullare

Vuoi scoprire se sei più un creatore o un innocente? Ecco qui un test sull’archetipo molto carino che saprà darti una risposta.    

archetipi di Jung

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Gli archetipi di Campbell

Joseph Campbell è uno studioso statunitense che ha dedicato gran parte della sua carriera ai miti e alle religioni. È autore di libri illuminanti come L’eroe dai mille volti e Le maschere di Dio, nei quali ha notato che esiste una connessione profonda tra lo studio della mitologia comparata e la psicologia analitica. Dopo aver letto Jung, si ispira ai suoi archetipi per descriverne di propri, comuni nei miti di tutto il mondo.         

Campbell parla di monomito o viaggio dell’eroe, un ciclo alla base di ogni storia che si ritrova con variazioni in diverse culture ed epoche.

Lasciamo che sia lo stesso Cambpell a spiegarci in che cosa consiste il viaggio dell’eroe:

L’eroe abbandona il mondo normale per avventurarsi in un regno meraviglioso e soprannaturale; qui incontra forze favolose e riporta una decisiva vittoria; l’eroe fa ritorno dalla sua misteriosa avventura dotato del potere di diffondere la felicità fra gli uomini”.

Durante questo percorso, il protagonista passa da una nascita misteriosa alla relazione complicata con la figura paterna. Affronta poi il ritiro dalla società e, lontano da ciò che conosce, riceve una lezione importante grazie alla guida di una figura sovrannaturale. Il suo viaggio si conclude con il ritorno alla società. Di nuovo a casa, l’eroe usa le esperienze vissute e gli insegnamenti appresi per vivere in prosperità.

I personaggi archetipo dei miti sono il giovane eroe, il vecchio saggio, il mutaforma, l’antagonista. Possono essere positivi o negativi e sono incarnati dai vari personaggi in base alla funzione che assumono nel corso della storia.

Gli archetipi di Vogler

Studiando Jung e Campbell, lo sceneggiatore Christopher Vogler ha notato la presenza di strutture e caratteristiche fisse che si ripetono in miti, fiabe e classici.

Vogler ipotizza che certe situazioni narrative siano tutte riconducibili al percorso già teorizzato da Campbell: il viaggio dell’eroe. Lo sceneggiatore decide dunque di adattare questo paradigma al mondo della sceneggiatura e dello storytelling. Sostiene che, adoperando immagini fisse e universali, si possano infatti creare esperienze drammaturgiche riconoscibili da tutti.

Ne Il viaggio dell’eroe, Vogler affronta il concetto di struttura in tre atti e descrive il viaggio dell’eroe in 12 tappe. Rifacendosi alle teorie di Jung e Campbell, individua sette figure archetipiche che si incontrano durante questo percorso d’evoluzione. Vogler sottolinea che non si tratta di ruoli fissi ma di funzioni, che i personaggi ricoprono in base al contesto.

I 7 archetipi di Vogler sono:

  • Eroe: colui che compie il viaggio, fisico o mentale che sia. È caratterizzato da un fatal flaw che lo porta a un conflitto interiore da risolvere. L’eroe è dotato di qualità nelle quali il pubblico può identificarsi. I suoi impulsi sono infatti comprensibili, le doti ammirevoli. Ovvio, ha anche dei difetti. L’eroe riluttante, ad esempio, è passivo e non entusiasta della situazione che si trova a vivere. Il protagonista tragico, invece, si macchia di azioni disdicevoli ed è associato di frequente alla figura dell’antieroe.
  • Mentore: grazie alla sua guida, l’eroe decide di intraprendere il viaggio. Il mentore induce il cambiamento nel protagonista, guidandolo e permettendogli di crescere. È colui che trasmette insegnamenti e concede doni. Spesso, il mentore stesso è un ex eroe.

Il mentore può essere positivo o negativo (o anti-mentore). Nel primo caso è un saggio, un maestro. Nel secondo, è percepito dal protagonista come fastidioso ed è spesso rifiutato. Cerca inoltre di condurre l’eroe in errore. Esempio dell’archetipo del mentore è il Virgilio dantesco, che guida ed erudisce Dante durante il suo viaggio nel regno dei morti.

  • Guardiano della soglia: mette alla prova l’eroe, ponendo ostacoli sul suo cammino.

In questo modo ne sonda la volontà e la determinazione. A volte il guardiano della soglia si confonde con il nemico, altre finisce per essere un alleato.

Il guardiano della soglia può essere un’entità non fisica, addirittura un aspetto dello stesso eroe, che lo rallenta o lo conduce a errare.

Ne Il Canto dei Nibelunghi, il drago Fafnir è un ottimo esempio di questo archetipo.

  • Messaggero: incarna la necessità di cambiamento e porta all’incidente scatenante che innesca il viaggio dell’eroe. Gandalf, il mago dalla lunga barba de Il Signore degli Anelli, è il messaggero che spinge Frodo a partire insieme alla Compagnia dell’Anello.
  • Mutaforma/Shapeshifter: è un archetipo instabile. La sua presenza genera suspense e le azioni che compie portano l’eroe fuori strada. Il personaggio di Ditocorto, proveniente dalla saga delle Cronache del ghiaccio e del fuoco, è un mutaforma incredibilmente furbo.
  • Ombra: si tratta dell’antagonista e la sua presenza è imprescindibile.
  • Imbroglione/Trickster: è un personaggio buffo che svolge la funzione di spalla comica. Non è per forza positivo: può essere un amico dell’eroe o, al contrario, un alleato dell’ombra. Nella mitologia norrena, non c’è trickster più iconico di Loki, dio dell’inganno.

Ci sarebbe molto altro da dire sull’archetipo. Gli studiosi che se ne sono occupati sono numerosissimi e meriterebbero tutti un approfondimento. Trovo infatti il concetto di archetipo incredibilmente interessante e utile per noi scrittori.

gli archetipi di vogler

Gli archetipi sono infatti ottime basi di partenza da arricchire e modellare. L’ideale per costruire personaggi d’impatto, che occupino un posto speciale nel cuore dei lettori. E, come abbiamo notato, spesso sono proprio i personaggi di qualità a fare la differenza nel successo di un romanzo.

 

Prova dunque ad approfondire gli archetipi e ad assemblare personaggi intriganti da guidare tra le pagine del tuo libro.

Se il tuo personaggio archetipico è veramente efficace, sarà lui a guidare te!

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